Le strutture di trattenimento per stranieri irregolari sono disciplinate dal testo unico immigrazione (D.Lgs. 286/1998): si tratta dei Centri di permanenza temporanea e assistenza (CPTA), poi definiti Centri di permanenza temporanea (CPT) e successivamente Centri di identificazione ed espulsione (CIE). Con il decreto-legge 13 del 2017 i Centri di identificazione ed espulsione (CIE) hanno assunto la denominazione di Centri di permanenza per i rimpatri (CPR) (art. 19, comma 1). Il medesimo D.L. 13/2017 (art. 19, comma 3) ha disposto, al fine di assicurare una più efficace esecuzione dei provvedimenti di espulsione dello straniero, l’ampliamento della rete dei CPR, con la finalità di assicurare la distribuzione delle strutture sull’intero territorio nazionale.
I CPR sono luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione (art. 14, D.Lgs. 286/1998).
Quando non è possibile eseguire con immediatezza l’espulsione mediante accompagnamento alla frontiera o il respingimento, a causa di situazioni transitorie che ostacolano la preparazione del rimpatrio o l’effettuazione dell’allontanamento, il questore dispone che lo straniero sia trattenuto per il tempo strettamente necessario presso il centro di permanenza per i rimpatri più vicino, tra quelli individuati o costituiti con decreto del Ministro dell’interno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
In tali strutture lo straniero deve essere trattenuto con modalità tali da assicurare la necessaria assistenza ed il pieno rispetto della sua dignità. Il trattenimento è disposto con provvedimento del questore per un periodo di 30 giorni, prorogabile fino ad un massimo di 90 giorni. In casi particolari il periodo di trattenimento può essere prolungato di altri 30 giorni.
Vediamo dunque come lo Stato prenda in considerazione i cittadini irregolari ( senza permesso di soggiorno ) e una volta arrestati vengono portati in queste strutture, denominati carceri a cielo aperto, da chi ne è uscito una volta rimpatriato o dalle indagini condotte da giornalisti seri.
Le condizioni all’interno sono particolarmente dure per anarchici e migranti.
Lo Stato usa la sua repressione attraverso la polizia di controllo alla struttura.
Mettiamo in evidenza che si tratta di cittadini che non hanno infranto la legge ma purtroppo non hanno avuto la possibilità di essere regolarizzati per la dabbenaggine di uno Stato che non vuole regolarizzarli.
Nel caso degli anarchici si tratta di persone che hanno difeso idee o il territorio come nel caso di Chiomonte in Piemonte.
• I migranti spesso sono picchiati perché protestano per le condizioni di restrizione a cui sono sottoposti
• I telefoni cellulari vengono sequestrati , spesso calpestati davanti ai loro occhi
• Devono mangiare tenendo il pasto sulle ginocchia perché non è consentito loro sedersi ai tavoli
• Non possono contattare i parenti o gli amici perché anche il telefono fisso della struttura gli viene negato
• Non possono ricevere visite e questo rappresenta una aperta violazione dei Diritti Umani
• Anche appartenenti alla Croce Rossa spesso si sono abbandonati a violenze nei loro confronti come ben spiega il libro di Marco Rovelli ” Lager italiani ”
Questo non ci stupisce perché coloro che prendono in gestione queste strutture sono direttamente coinvolte nel business migranti e per mantenerlo devono stringere relazione con la Polizia di stato , le questure o le prefetture.
Quando si prende in considerazione la politica dello Stato Italiano in fatto di migrazione ci accorgiamo da queste cose quanto sia inefficace e soprattutto razzista.
I casi di coloro che si sono tolti la vita proprio all’interno di queste strutture mostra il vero volto dello stato italiano.
E’ il caso di Mosua Balde:
Dieci giorni fa era stato preso a sprangate e bastonate in strada a Ventimiglia da un gruppo di sconosciuti, ieri domenica 23 maggio si è tolto la vita nel Centro permanenza rimpatri di Torino.
Mosua Balde, giovane di 23 anni originario della Guinea, era stato messo in isolamento ufficialmente “per motivi sanitari” ed è stato trovato senza vita nella sua stanza. Secondo quanto riferito dall’avvocato Gianluca Vitale al Corriere della sera, “era provato e stanco”. E sosteneva di “non essere stato ascoltato dagli inquirenti dopo il pestaggio”. La procura di Torino ha avviato degli accertamenti sul caso, mentre il garante dei detenuti Mauro Palma ha denunciato il fatto che “il migrante non sia stato seguito come la sua situazione richiedeva. Una persona affidata alla responsabilità pubblica deve essere presa in carico e trattenuta nei modi che tengano conto della sua specifica situazione, dell’eventuale vulnerabilità e della sua fragilità. Questo non è avvenuto”.
Trattandosi di persone immigrate non abbiamo saputo la verità sulle loro morti come non abbiamo saputo cosa sia stato detto ai familiari se non le menzogne che spesso accompagnano le dichiarazioni degli addetti al carcere
Anche in termini sanitari la situazione è tragica perché mentre dovrebbero essere date tutte le cure del caso a coloro che contraggono il virus coloro che sono disposti al controllo sono pressoché disattenti a questo servizio.
I gestori dei Centri , insieme ai mediatori culturali , dovrebbero assicurare una costante informazione sui seguenti temi:
– rischi della diffusione del virus
– prescrizioni anche igienico sanitarie
– distanziamento all’interno dei centri
– limitazioni negli spostamenti
Per impedire gli spostamenti sul territorio sino al termine delle misure emergenziali dovrà essere garantito e monitorata la prosecuzione dell’accoglienza anche a favore di coloro che non hanno più titolo a permanere nei Centri.
Dopo novanta giorni di detenzione nei Centri spesso vengono accompagnati agli aerei per tornare in patria.
Se qualcuno ha il Covid viene protratto il soggiorno .
Cio’ che ci viene riferito tuttavia è che le misure sanitarie sono irrisorie come la fornitura di mascherine , gel o salviette igieniche .
Ribadiamo il nostro NO alla costruzione di CPR che violano apertamente il Diritto Umano alla vita e alla libertà.
Donne e uomini si trovano in una condizione di restrizione voluta e la perdita del diritto ad essere trattato come un cittadino a tutti gli effetti è la cosa più normale che possa capitargli.
Franco Marrucci
CONFEDERAZIONE ITALIANA DI BASE UNICOBAS
UFFICIO IMMIGRATI
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