Rientro a scuola, la situazione ormai sta degenerando in modo caotico, la maggioranza delle regioni procede in ordine sparso: la Campania aprirà gradualmente dall’11, le superiori al 50% dal 25, in Puglia ci sarà la didattica digitale integrata fino al 15. Solo Lazio, Abruzzo, Umbria, Toscana, Emilia Romagna e Sicilia garantiranno una didattica dimezzata alle superiori dall’11 mentre Veneto, Friuli Venezia Gulia, Marche e Calabria Torneranno in classe non prima del 1° febbraio.
Non c’è stata la volontà politica di risolvere i problemi strutturali della scuola italiana, alcuni già preesistenti al covid, e da questo evidenziati. Il piano del governo di scaricare le responsabilità sulle regioni e sui prefetti è miseramente fallito.
Le soluzioni erano state fornite al governo agli stati generali, in presenza, dai sindacati di base, Unicobas in primis. Proposte colpevolmente non prese in considerazione: i gruppi-classe andavano ridotti a massimo 15 alunni, come ha fatto la Germania, che ha anche speso 500 milioni per sanificare l’aria delle aule con impianti di aerazione, che ha un servizio di trasporti dedicato alla scuola, eppure non riapre il 7 gennaio. Gli spazi andavano risistemati da Febbraio 2020 ed adeguate le strutture pubbliche abbandonate, poi dovevano essere utilizzati (a costo zero) i pullman dell’esercito, carabinieri, finanza e polizia per snellire la circolazione pubblica, mentre invece, a fronte del calo dei biglietti, sono persino state ridotte le corse dei treni per i pendolari (Trenord docet). Si poteva evitare di cadere nella seconda ondata della pandemia, evitando di seguire le peggiori inclinazioni mercatiste di un’estate impazzita dietro piazze e discoteche piene zeppe . Si poteva evitare di affollare le aule con in media 25 alunni, con punte anche vicine a 30, ed insegnanti in 30 metri quadri nella scuole dell’Infanzia, Primaria e Media, con un solo metro di distanziamento, anche per 8 ore, quando in un comune esercizio commerciale non si entra che in due alla volta (altro che doppi turni!!!).
Nel frattempo non sono stati spesi neppure i 10 miliardi stanziati per la sanità (e s’è lasciato finanche il numero chiuso a medicina), colpevoli innanzitutto le regioni, col risultato di avere ora 50mila medici ed ancor più paramedici in meno del necessario e (forse) solo 11mila terapie intensive (da 5mila che erano) contro le 30mila già presenti in Germania prima del primo lock down (salite poi a 50mila).
Di fronte a questo fallimento, in buona parte voluto, si riaprono le porte per la definitiva istituzionalizzazione della DAD. Va in questo sensi l’indagine pilotata dall’Inapp (Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche) sul tema : “ La scuola in transizione: la prospettiva del corpo docente in tempo di covid-19” dove su di un campione ridotto e poco rappresentativo di docenti Inapp deduce che “Dalla nostra indagine emerge che il corpo docente promuove la didattica a distanza come una giusta soluzione per fronteggiare il problema della pandemia al punto che 2 insegnati su 3 pensano che sia giusto tenere chiuse le scuole fino a quando l’emergenza sanitaria sarà rientrata. In pratica il sistema dell’istruzione, trovandosi nella burrasca del mare aperto dell’emergenza sanitaria, ha utilizzato la “scialuppa” della didattica a distanza per rientrare in un porto sicuro con tutto il proprio carico di lavoratori e studenti. Aver remato nella stessa direzione, docenti e studenti, è servito a salvare il ciclo di studi ma è chiaro che sono emersi allo stesso tempo molteplici problemi come gli organici insufficienti, l’inadeguata dotazione strumentale, la scarsa padronanza dell’utilizzo dell’ICT da parte del nostro corpo docente, ……. Nonostante questo, il corpo docente ha espresso la volontà di continuare ad utilizzare le tecnologie ICT anche quando, si spera presto, la pandemia sarà sconfitta”.
Quindi si da per scontato che i problemi strutturali devono rimanere e quindi l’unica soluzione è la DAD E SOPRATTUTTO SI SPARGE LA FANDONIA CHE LA STRAGRANDE MAGGIORANZA DEI DOCENTI E’ D’ACCORDO.
Sul fronte opposto abbiamo confindustria che vorrebbe tenere aperte le scuole, nelle condizioni in cui sono attualmente, anche di luglio e d’agosto ( vedi interventi di andrea Gavosto su la Repubblica di ieri). C’è un’altra strada, quella di costringere con le nostre lotte il governo a risolvere i problemi strutturali della scuola stanziando le risorse necessarie.
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