Non c’è accordo nel governo sulla scuola e viene rinviato ad oggi il varo del Dpcm che conterrà le misure da adottare dal 6 marzo al 6 aprile. Infatti se è ormai scontato, come ha chiesto anche il Cts, che tutte le scuole (dalla materna in su) chiuderanno nelle zone rosse (locali o regionali) lo scontro è sull’ipotesi di bloccare le lezioni in presenza anche nelle «zone arancioni» con più di 250 ogni 100mila abitanti. A porre un fermo è stato il ministro Bianchi: «Eh, no, se vogliamo chiudere le scuole in arancione allora voglio vedere chiusi anche i centri commerciali. Non è pensabile non far andare i ragazzi in aula e vederli poi assembrati fuori».
Posizione che ha risvegliato la contrapposizione tra le due anime del governo: quella rigorista con a capo il ministro della Salute Speranza pronta a chiudere tutto e quella più morbida che ritiene che il sistema di chiusure mirate affidate a governatori e sindaci sia sufficiente. Oggi la cabina di regia si aggiornerà per fare poi un nuovo passaggio con le Regioni prima della firma del Dpcm.
Nel frattempo arriva una sentenza della Corte Costituzionale del 24 febbraio che dovrebbe mettere ordine in questo regime di autonomia differenziata selvaggia, infatti il testo stabilisce che, in un periodo di pandemia, è lo Stato ad avere la priorità del governo: «Il legislatore regionale, anche se dotato di autonomia speciale, non può invadere una materia avente come oggetto la pandemia da Covid 19, diffusa a livello globale».
Viste le nuove chiusure il governo sta pensando di prorogare i congedi straordinari per aiutare le famiglie, l’idea allo studio è di riproporre congedi straordinari, finora retribuiti al 50%, scaduti a fine 2020, congedi che sarebbero appannaggio di mamma o papà a casa con figli under 14 (si potrebbe arrivare anche agli under 16). Secondo le ultime stime si troverebbero in DAD per ora, oltre 3 milioni di studenti (circa un terzo del totale): 800 mila bambini della scuola dell’infanzia e primaria, quasi mezzo milione di alunni delle medie e 1 milione e 800 mila studenti delle superiori.
IN QUESTA SITUAZIONE COME SE NIENTE FOSSE SI PROCEDE CON I TEST INVALSI
Partiti e poi bloccati lo scorso anno a causa dell’aggravarsi della pandemia tornano quest’anno le prove Invalsi. Sono partiti da ieri quelli in italiano, matematica e inglese (lettura e ascolto) per gli studenti che il prossimo 16 giugno saranno impegnati nella maturità (solo orale). A causa della pandemia questa volta il calendario sarà “flessibile”, infatti l’invalsi ha predispsto un calendario che si spinge fino a fine maggio per consentire a tutti i ragazzi di fare in sicurezza i test.
“La finestra per far svolgere le prove è stata allargata – dice Anna Maria Ajello -. In questo modo le scuole hanno più tempo e potranno convocare i ragazzi in piccolissimi gruppi o spostare le prove ai prossimi mesi in quelle zone in cui le lezioni non sono in presenza. Insomma, il decollo è lunedì, per l’atterraggio vedremo….. Con queste prove avremmo infatti i primi dati attendibili per poter dire cosa è successo e come e dove dovremo recuperare”.
Insomma appena ci sarà un attimo di respiro verranno propinati i test invalsi per indagare, come se non si sapesse già quali sono i danni provocati dall’inerzia governativa di fronte alla pandemia.
IN ARRIVO LA BOZZA SULLA MOBILITA’
Probabilmente già domani il MI presenterà ai sindacati una bozza di intesa per rimuovere l’obbligo di permanenza quinquennale nella sede di prima destinazione per i neoimmessi in ruolo. È quanto è emerso nell’incontro che si è tenuto ieri tra i rappresentanti del ministero e i segretari generali dei sindacati firmatari. Dunque, si è aperto uno spiraglio per risolvere la questione del divieto di accesso alla mobilità introdotto dalle disposizioni emanate nel 2018 e nel 2019. Vedremo.
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