L’UNICOBAS DICE NO ALLA GUERRA

Lo scenario internazionale mostra segnali che vanno in direzione di nuove guerre, segnali che devono essere considerati con attenzione anche dal mondo sindacale per le inevitabili ripercussioni sulla situazione dei lavoratori e sui rapporti che vengono a determinarsi all’interno del mondo del lavoro.
Nonostante la crisi economica che tiene in stato di povertà larghi strati della popolazione, nonostante i licenziamenti, gli sfratti, il disinvestimento su scuola, sanità e spesa sociale, l’Italia investe moltissimo nelle spese militari, voce di bilancio cresciuta addirittura oltre l’8%.

L’Italia mantiene 40 missioni militari all’estero, principalmente in Africa, ma anche nell’Europa dell’Est, in Lettonia, nel Mar Nero, assumendo un ruolo attivo in quello che è ora il fronte caldo della questione Ucraina. Presenze finalizzate a difendere non i diritti dei popoli, ma gli interessi economici di potenti lobbies economiche. E’ così in Africa, per proteggere le attività estrattive ENI, è così nel settore Ucraina, per giocare un ruolo in quella che è la guerra commerciale dei gasdotti.

Le continue dimostrazioni di forza, la corsa agli armamenti, la concorrenza commerciale continuano a gettare benzina sul fuoco della crisi internazionale.
L’imperialismo degli stati, la corsa al profitto delle grandi lobbies a cui i governi assicurano protezione, le speculazioni finanziarie che si alimentano dalla crisi, dalla tensione internazionale e dalla minaccia di guerra non sono qualcosa lontano da noi, perchè si riversano nella vita quotidiana di lavoratrici e lavoratori.
Precarietà, licenziamenti, imposizione di condizioni di lavoro insostenibili sono la realtà di tutti coloro che devono pagare il prezzo di una crisi determinata a tavolino dagli interessi degli stati, dei governi, dell’alta finanza.

Carovita, povertà, crollo dei servizi sociali, emergenza abitativa, aumento esponenziale di bollette e generi di prima necessità sono la guerra quotidiana imposta ai ceti popolari.
Una situazione insostenibile, ulteriormente aggravata dall’emergenza sanitaria, emergenza che non si risolve per vari fattori, tra cui il taglio storico di settori strategici come ricerca e sanità, ma che non si risolve anche perché funzionale a mantenere sotto stretto controllo una situazione conflittuale in cui la gente, i lavoratori, i giovani non ne possono più. E il controllo è fatto anche di suggestioni militariste, di un infinito stato di emergenza, di limitazioni di libertà personali, collettive, sindacali, di un generale come commissario straordinario per l’emergenza covid, di militari nelle strade.
La guerra va respinta dalle nostre vite e dai nostri posti di lavoro così come dalla prospettiva internazionale.

I venti di guerra che si stanno facendo sempre più minacciosi non potranno che imporre situazioni sempre più difficili per i lavoratori e i ceti popolari.
Le lavoratrici e i lavoratori, i cui interessi sono contrapposti a quelli di chi trae profitto dalle guerre, partendo dalle proprie realtà e organizzandosi in prospettiva internazionalista possono fermare la corsa verso la guerra, combattendo tutti gli imperialismi a partire dall’ imperialismo di casa nostra, quello alimentato dal governo, in questa fase dal governo Draghi.
Ricordiamo che in varie occasioni, nella storia, a fronte di una situazione di forte tensione, lo strumento dello sciopero generale è stato utilizzato per esprimere la ferma opposizione alla guerra da parte di lavoratrici e lavoratori.

La guerra costruisce muri fra le classi sfruttate dei vari paesi, rafforza le strutture repressive e di controllo sociale.
La lotta per la pace è un elemento fondamentale della lotta per una società più libera e più giusta, più attenta alle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori.
Il sindacalismo di base in occasione dello sciopero unitario dello scorso 11 ottobre ha già messo all’ordine del giorno la lotta contro le missioni militari all’estero e le spese belliche; riprendiamo questi temi per opporci alla campagna bellicista sull’Ucraina.
Basta missioni militari all’estero. Basta spese militari. Solidarietà internazionalista fra tutti i lavoratori e tutti gli sfruttati.

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