NEWS 21/5/20

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AZZOLINA COMMISSARIATA?

Grosso scontro politico all’interno della maggioranza selle norme che regolano il concorso straordinario che sono contenute nel decreto legge 22 del 8 aprile, in discussione al Senato da un mese e mezzo. La prova a crocette (80 domande) secondo Azzolina si deve tenere tenere tra luglio e agosto, ovviamente in presenza.
Dall’arrivo del decreto scuola in Parlamento prima Leu e poi il Pd hanno presentato emendamenti per trasformare il concorso in una graduatoria per titoli in sintonia con i partiti dell’opposizione da Meloni a Salvini. Dopo un mese e mezzo di discussioni non si è ancora trovato un accordo, mercoledì si sarebbe dovuto votare il decreto in commissione al Senato, per poi farlo passare velocemente per l’Aula del Senato e alla Camera ma così non è stato ed il tempo stringe: entro il 7 giugno infatti deve essere approvato definitivamente!
Il confronto di mercoledì sera tra Azzolina e gli esponenti del Pd e degli altri partiti per trovare una mediazione è finito senza accordo. La ministra ha proposto di mettere una clausola di emergenza nella legge per cui, nel caso di riemergere del coronavirus, i 32 mila docenti vengano comunque assunti a tempo determinato per l’anno prossimo rinviando la prova alla prima data utile. Il no di Leu ha trascinato con sé una parte della maggioranza. Mentre il M5S si è allineato alle decisioni della sua ministra, pur senza molta convinzione. Le tensioni sono fino a dentro il ministero dell’Istruzione con il sottosegretario Peppe De Cristofaro (Leu) apertamente schierato con i sindacati e contro il concorso.
Nel Pd. si fa strada l’idea di “commissariare” la ministra che manterrebbe la «funzione politica», lasciando spazio ad un esperto di portare avanti gli aspetti tecnici perché «quello che inizierà a settembre sarà un anno di emergenza per gli studenti ed è necessario che se ne occupi un esperto». La figura individuata dal Pd sarebbe quella di Patrizio Bianchi, capo della task force per la programmazione della riapertura delle scuole, che però pare non abbia alcuna intenzione di andare oltre.
C’è tempo fino a martedì per arrivare ad una soluzione, da inserire in un emendamento del governo sul quale ormai non si può fare a meno di mettere la fiducia, visto il ritardo nella discussione. Difficile immaginare che lo scontro arrivi al punto di compromettere la maggioranza.
Per quanto riguarda il rientro a settembre continuano ad uscire le ipotesi più fantasiose, come ad esempio quella di riconvertire i cinema in aule scolastiche ed usare anche teatri e musei per fare lezione ma per ora non c’è ancora niente di sicuro.

DI SEGUITO UN INTERESSANTE ARTICOLO DEL NOSTRO ALVARO BELARDINELLI (RAPPRESENTANTE RSU DELL’UNICOBAS AL LICEO MAMIANI) DI ROMA) APPARSO SU LA TECNICA DELLA SCUOLA

Da 30 anni i docenti si sentono ripetere che primo diritto del discente è il “successo formativo”; e che primo dovere del docente è favorirlo in tutti i modi. Eppure una settimana fa la Ministra dell’Istruzione ci ha fatto sapere che — proprio nell’anno della “DaD” (“Didattica a Distanza”) — il vento è cambiato. Riferendo alla Camera, Lucia Azzolina ha detto: «Resta ferma la possibilità di non ammettere all’anno successivo studentesse e studenti con un quadro carente fin dal primo periodo scolastico».
Come può essere? Come si può dare per scontato che un alunno, il quale magari attraverso la “DaD” non ha recuperato gravi lacune pregresse, non le avrebbe invece recuperate con l’attività didattica in presenza? Non ci si rende conto che, in questo modo, il Governo sta scaricando sui docenti le responsabilità di uno Stato che — non essendo in grado di garantire il diritto alla salute a causa di 30 anni di tagli alla Sanità pubblica — non ha garantito altri diritti elementari, ivi compreso il diritto allo studio?

Imparare in 10 giorni quanto non appreso in 100?
Non basta: «Non sarà ‘6 politico’», ha aggiunto Azzolina. «Le insufficienze compariranno, infatti, nel documento di valutazione. E per chi è ammesso alla classe successiva con votazioni inferiori a 6 decimi o, comunque, con livelli di apprendimento non consolidati sarà predisposto dai docenti un piano individualizzato per recuperare, nella prima parte di settembre, quanto non è stato appreso». Ovvero: imparare in 10 giorni di settembre, a 40 gradi, quanto si sarebbe dovuto apprendere in 100 giorni di primavera?
Pioveranno i ricorsi: forse, per la prima volta, motivati e giusti. Come si può sinceramente affermare che la “DaD” abbia efficacemente sostituito la Scuola tradizionale? Come sostenere che la relazione educativa e pedagogica tra docente e discente possa fare a meno del tempo disteso delle lezioni e del guardarsi negli occhi? Come trascurare l’importanza del controllo (e del timore del controllo), della battuta di spirito, e persino dello scontro che a volte può verificarsi (tappa necessaria nella crescita dell’adolescente)?

Simil-didattica a distanza
Senza relazione in presenza, la didattica non è più tale. Impossibile l’azione dell’insegnante: quella di accendere nel discente il fuoco della conoscenza; senza riempirlo di nozioni che con la “sophia” poco hanno a che fare.
Dopo tre mesi di simil-Scuola denominata “DaD”, gli allievi sono a volte, per forza di cose, divenuti serbatoi in cui versare nozioni attraverso filmati e letture autonome; altri sono diventati fini esecutori di test telematici, che li hanno sicuramente preparati alla competenza minimale di risolutori di quiz Invalsi. E ciò è accaduto malgrado la fantastica creatività di docenti preparati e validi (nell’aula); perché gli sforzi più encomiabili non possono rimpiazzare la relazione corporea e fisica tra insegnante e allievo, prerequisito indispensabile di quanto si può a buon diritto considerare didattica, e che ha come fine lo sviluppo del pensiero critico e autonomo dell’alunno.

I ragazzi non ne possono più
Lo testimonia la stanchezza dei nostri ragazzi, l’abulia di molti, la tristezza dei più. Parecchi si sono convinti che la Scuola sia un rito vuoto, ove si può imbrogliare docenti che sanno di essere imbrogliati, ma che si accontentano di avere i documenti in regola, di poter dimostrare di aver “interrogato”, di essersi fatti inviare “prove scritte” fatte in casa, di averle regolarmente “corrette” e “valutate”.
Perché, allora, tutta questa draconiana insistenza sulla possibilità di “bocciare” e “rimandare” (come si diceva un tempo) proprio quest’anno, quasi nulla fosse? Sbaglierebbe chi malignasse che dietro cotanta insistenza si celi il malcelato progetto di far passare la “DaD” come attività ordinaria per la “scuola del futuro”?

«La “DaD” ha fatto anche cose buone»: ma è didattica?
Parafrasando il titolo di un celebre libro di Francesco Filippi, possiamo affermare che «la “DaD” ha fatto anche cose buone»: non lo si può negare. Soprattutto, ha permesso ai docenti di non perdere il dialogo e il contatto umano coi propri allievi. Però ha anche mostrato tutti i propri limiti, che sono quelli di qualsiasi surrogato. Non può e non deve sostituire la didattica vera, che è fatta di contatto umano immediato, di stimolo alle emozioni, di comprensione attraverso l’empatia delle persone (docenti e discenti) che scoprono insieme la realtà. Con buona pace dei “Paperoni” del web e dell’industria elettronica, che grazie alla quarantena mondiale hanno incrementato i propri “fantastiliardari” profitti.

Il silenzio degli esclusi
Inutile poi ricordare il gran numero di discenti esclusi di fatto dalla “DaD”: perché la loro famiglia non può permettersi la connessione (16,4%) o gli apparecchi elettronici (24,5%), o perché in famiglia c’è un solo dispositivo per più familiari (33,5%), o perché la connessione non è stabile né veloce (48,5%). Malgrado i famosi 85 milioni.
E la statistica non tiene conto degli esclusi per immaturità o per deprivazione culturale di base (ancorché dotati di costosi “device”): quelli che — come tutti i ragazzi da quando esiste l’umanità — hanno bisogno comunque di un adulto che li guidi, affettivamente, emotivamente, empaticamente; non di un computer che surroghi l’adulto. Per quanto ancora fingeremo di non saperlo, noi adulti?

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